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Vincenzo Piazzetta: «Ogni strumento ha il suo suono, quasi fosse un’anima»

Vincenzo Piazzetta: «Ogni strumento ha il suo suono, quasi fosse un’anima»

Nel suo laboratorio a Lamezia Terme Vincenzo Piazzetta realizza strumenti antichissimi. Un’arte appresa in un lungo percorso esperienziale.

di Roberto De Santo

C’è qualcosa di magico in quel che Vincenzo Piazzetta riesce a realizzare da oltre un lustro nel suo laboratorio di Lamezia Terme. Da un ciocco di legno il maestro liutaio fa emergere strumenti musicali d’altri tempi: cupa-cupa, tamburelli, mirliton. Ma soprattutto la Lira calabrese. Opere uniche che nascono dalle sue mani. Come strumenti irripetibili perché prodotti – o come ama dire Vincenzo – «nati con una propria anima».

«Ho deciso di scommettere sulle mie mani», dice Vincenzo. Una scelta dettata da alcuni incontri che hanno segnato nel profondo la vita del liutaio lametino: «Ho conosciuto quello che in seguito sarebbe divenuto prima mio amico e poi maestro di vita: Natale Rotella». Un pastore e costruttore di zampogne che continua ad accudire ai suoi animali e a costruire i suoi strumenti. «Ho iniziato con lui nei primi anni 2000 ad intraprendere un percorso – dice – spinto prima dalla curiosità di conoscere questo strumento che è la zampogna della Presila catanzarese o zampogna conflentana e poi, conoscendola sempre più, dal desiderio di tutelare una conoscenza che nel tempo si stava perdendo». E così a mano a mano che quella conoscenza si approfondiva in Vincenzo si alimentava nel contempo la passione e la dedizione nel carpire i segreti della realizzazione di quegli strumenti.

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«Dopo tanti anni – racconta sorridendo – non so ancora suonare la zampogna, ma quel che posso affermare è di aver percepito come si avvia la sua costruzione e quello che avviene prima». Ed è qui che si percepisce nuovamente la magia dell’attività che dal 2013 per Vincenzo è diventata fonte del suo lavoro. «C’è un insieme di conoscenze – afferma – che sanno di luna, di terra, di vento e di contatto con gli animali». Attraverso quegli elementi che attraversano l’anima del costruttore di strumenti passa l’arte del liutaio. Un lavoro esperienziale che porta l’artista a lavorare per mesi sulla sua creatura. «Ho iniziato erroneamente ad accostarmi alla Lira calabrese – racconta sornionamente – convinto che fosse un strumento facile da realizzare ed invece con con il passere del tempo ho scoperto di non esserlo affatto. Quel bagaglio di esperienze che avevo accumulato negli anni le ho trasferite nella realizzazione dello strumento». E qui il racconto di Vincenzo si fa più intenso ed è costituito dalla conoscenza sempre più viscerale con un mondo scomparso e per questo magico della Lira. È un percorso affascinate per il maestro perché questo strumento ha una storia antichissima ma avvolta dal mistero. «Le prime testimonianze – spiega – risalgono al IX secolo avanti Cristo circa, però di questo strumento non si conoscono le origini».

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In Calabria sono due le aree d’elezione: il Monte Poro sul Tirreno e nella Locride «in quel triangolo costituito da Locri-Siderno e Gerace». «Ma non si conosce quando sia arrivato in Calabria – racconta – né da sua provenienza. Dunque si può affermare che non se ne conosce la storia». Da qui il fascino che avvolge la Lira di cui resta ammaliato lo stesso Vincenzo. «Non sappiamo neppure se alle origini era uno strumento ad arco o a pizzico». A noi è giunto come strumento ad arco, ma potrebbe essere legato alla dominazione araba che ha imposto nell’anno Mille in tutto il bacino del Mediterraneo l’utilizzo della Lira in questa modalità. Si diceva di incontri che segnano i percorsi di ognuno. E ce ne è un altro che è fondamentale per il maestro liutaio, quello con Gabriele Trimboli. «Gabriele – dice – appartiene ad una famiglia di suonatori che da oltre un decennio nella Locride conduce una ricerca sul campo ed ha trovato in zona la gran parte degli strumenti ereditati dalla storia».

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Grazie a quell’incontro Vincenzo conosce da vicino quei strumenti, osservandoli ed assaporandone quasi l’essenza. La Lira resta unica in Calabria. «In altre aree del Mediterraneo ha subito modifiche, trasformazioni. Mentre nella nostra regione è praticamente rimasta immutata nei secoli». Ma poi nel tempo la tradizione per questo strumento si stava estinguendo. Fino a quando – grazie all’opera di alcuni ricercatori che facevano capo al gruppo di Lombardi Satriani – negli anni Ottanta è ritornato in auge. «Grazie alla loro opera – spiega Vincenzo – lo strumento è stato recuperato ed in questi ultimi decenni è stata riaffermata la cultura tradizionale non solo recuperando i suoni originali ma permettendo che la Lira si diffondesse. Così oggi questo strumento è molto diffuso all’interno della cultura musicale e viene utilizzato da diversi gruppi che suonano musica etno-folk». Ma per Vincenzo tutto questo non basta a valorizzare uno strumento dalle enormi potenzialità. «È giunto il tempo – afferma – di far vivere allo strumento una nuova vita».

Secondo il maestro liutaio lametino, la Lira deve uscire dall’ambito strettamente tradizionale per due motivi: «Deve evolversi come tutto ciò che proviene dal passato, deve cioè essere reinterpretato» e poi «essendo uno strumento antecedente all’anno Mille dovrebbe essere utilizzato per l’esecuzione della musica antica». Dunque una nuova vita che passa attraverso due percorsi: un ritorno al passato e un passo in avanti verso il futuro. Come al futuro guardano i progetti che Vincenzo Piazzetta intende mettere in piedi. «Conto di approfondire ancor di più la conoscenza delle chitarre battenti. Spero in questo modo di realizzare nel prossimo futuro diversi tipi di questo strumento». Nuove sfide che si coniugano con il passato. Ed è qui che sta appunto la magia del maestro liutaio: rievocare suoni antichi e trasformarli nuovamente in realtà.

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