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Un cedro è per sempre

Un cedro è per sempre

C’è il sole, alberi di cedro a perdita d’occhio e in mezzo ai filari un ragazzo in ginocchio davanti ad una ragazza. È una proposta di matrimonio e lui le sta offrendo il diamante più bello: un cedro di Santa Maria del Cedro (lo sapevi che la qualità che si coltiva in questa zona si chiama “liscio diamante”?). Marco non poteva che cavalcare l’onda e chiedere la mano di Francesca offrendole il frutto più prezioso, quello della loro terra, del loro amore e di un progetto che realizza il sogno di chi non c’è più.

Opificio Calabria ha il volto di Francesca Miraglia e Marco Cirelli, fidanzati (promessi sposi!) e imprenditori che nel 2020, mentre il mondo girava intorno alle quattro mura di casa, hanno scelto di cambiare vita e investire nella natura e nel territorio. Appassionata di arte lei, fisioterapista lui, adesso si alzano alle sei del mattino per raccogliere fichi e cedri e farne piccoli capolavori in scatola e barattoli.

Una scelta d’amore, oltre che di vita. Anzi: una scelta d’amore oltre la vita. Perché la coltivazione del cedro appartiene alla famiglia di Francesca da sempre. Suo padre, Angelo, lavorava il cedro e aveva messo su un’azienda. Lo vendeva agli ebrei che lo usano per celebrare il “Sukkòth”, la “festa della capanne”, l’avvenimento religioso più importante che rievoca l’esodo verso la Terra Promessa. Avrebbe voluto acquistare un terreno, piantare un ficheto e aprire un laboratorio per la trasformazione. Ma un incidente stradale nel 2008 lo strappa alla vita. Francesca ha 17 anni, è rimasta sola con la mamma e le sue due sorelle ed è il cognato Giovanni, allora, che prende le redini: l’azienda cresce e la coltivazione pure e i 300 alberi diventano 5mila.

IL FUTURO HA UN SAPORE ANTICO

Da piccola sognava di fare l’architetto ma il destino aveva in serbo un altro disegno per lei. Nel cuore di Francesca, anno dopo anno, si fa spazio un’idea: il papà aveva seminato, lei ora è pronta a raccogliere. E coltivare. Così acquista proprio quel terreno che era nei piani di Angelo e, insieme a Marco, si rimbocca -fuor di metafora – le maniche per piantare 1200 alberi di fico dottato e circa 700 alberi di cedro, avviano un’azienda agricola e aprono i battenti di Opificio Calabria. Una grande ispirazione per questa generazione che vorrebbe restare nella propria terra e crearsi un futuro: «Ha tantissime pecche e difficoltà – ammette Francesca – ma ha così tanto da offrire. A volte basta guardarsi intorno, capire cosa valorizzare e saper cogliere l’opportunità», letteralmente.

Un bel cambiamento anche per Marco da poco rientrato dalla Cina dove aveva lavorato con lo staff di Ciro Ferrara e poi con quello di Marcello Lippi come fisioterapista. Ma non è andato nel pallone, anzi: «Ho sempre avuto il pollice verde – dice – e sono felice di aver portato una novità non solo nella mia vita ma pure in famiglia dove nessuno prima di me si era dedicato a questa tradizione»

Fanno tutto da soli, dalla coltivazione al packaging, «in realtà comanda lei» racconta Marco. All’inizio della loro storia imprenditoriale non potevano permettersi personale: «Ci siamo sacrificati il triplo, ma ne è valsa la pena perché la gratificazione è immensa». Lo showroom si trova nel cuore del centro storico di Santa Maria del Cedro (nell’alto tirreno cosentino) e già nell’estate 2020, fresco di apertura, aveva visto un mare di turisti affacciarsi per gustare i prodotti. Opificio Calabria è un salottino dall’aria retrò sui toni del verde e del rosa (richiamo al packaging dell’azienda): c’è un giradischi sotto i quadri di cedro e un tavolino con poltroncine in alcantara. Sul bancone di assaggio si affacciano porta dolcetti che esalano cioccolato e ti aspetti che da un momento all’altro entri Johnny Depp a lasciarsi tentare da Juliette Binoche. Accanto agli sgabelli la vista: uno scaffale che, mensola su mensola, racconta la produzione dell’Opificio: mezzelune di cedro candito ricoperte di cioccolato fondente, crocette di fichi secchi ripieni di noci e scorze di cedro cotti al forno e aromatizzati con zucchero e cannella, fichi secchi ricoperti di cioccolato fondente o bianco, panicelli di uva adduraca passita e scorze di cedro avvolti in foglie di cedro legati con ginestra e cotti in forno, cedro candito, confettura extra di fico dottato, marmellata di cedro, melassa di fico, fichi secchi caramellati. Le confezioni sono un viaggio in scatola con tanto di cartolina: all’interno, infatti, un QR code apre un video che racconta la Calabria, Santa Maria del Cedro e l’Opificio. C’è la promozione di un territorio dentro, oltre a tutto il gusto dei fichi, del cedro e del cioccolato. Il salotto dà accesso al laboratorio: c’è solo una porta dietro a uova di Pasqua ed esperimenti top secret su nuovi prodotti da lanciare.

TRAGUARDI: IL MARCHIO DOP

Il vento delle novità ha soffiato in zona già lo scorso 30 gennaio quando il cedro di Santa Maria del Cedro ha ottenuto il marchio Dop. “Noi lo vediamo quasi come un riconoscimento per la generazione dei nostri nonni che ha coltivato la tradizione di questo cedro unico: si trova solo qui e in nessun’altra parte del mondo”, dicono Marco e Francesca. Un fiore all’occhiello che si aggiunge ad altre soddisfazioni, come quando giornalisti in borghese si sono innamorati dei loro prodotti durante un salone del gusto a Cosenza e hanno suggerito alla coppia di candidarsi per “Golosaria 2022”, vetrina dell’innovazione e del gusto nazionale. Opificio Calabria è stato selezionato e lo scorso novembre è tornato da Milano a mani vuote: in fiera avevano venduto tutto. Ora è tempo di tornare a riempire le scatole, e non solo. Perché tra gli obiettivi della stagione estiva c’è l’accoglienza: un calendario di visite in mezzo a fichi e cedri per vivere un’esperienza immersiva tra i filari. Più a lungo raggio, poi, la ristrutturazione di tre casolari in mezzo agli alberi dove spostare il laboratorio, creare una fattoria didattica per i bambini e ospitare eventi.

L’Opificio è il luogo dove un tempo si trasformavano le materie prime: l’Opificio Calabria è il luogo dove fichi e cedri diventano piccoli bocconi artigianali. «Per il logo abbiamo scelto Demetra – dice Francesca – la dea greca dell’agricoltura», sebbene non serva protezione dall’Olimpo: il duro lavoro si fa strada da sé. E poi loro hanno già un Angelo che ha visto il suo sogno realizzarsi sulla terra.

Ah! Poi Marco non se l’è cavata con un cedro: il diamante, quello vero, è arrivato al dito di Francesca!

di Rachele Grandinetti

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