Triponia, a rischio il primo nucleo di Conflenti
di Roberto De Santo
«Salviamo l’antica Triponia». È l’appello – che suona come un grido di allarme – di Lucy Stranges, scrittrice e poetessa di Conflenti che, con un post sui social, denuncia il degrado della storica area della piccola cittadina che sorge sui fianchi del Monte Reventino, nel Catanzarese. «La storia antica, moderna e contemporanea – scrive – si mescola e confonde all’ “ourtu i Stiddri”. I vecchi da sempre mi raccontarono che qui c’era un antico carcere militare: la Triponia».
Stranges segnala che ora di quell’antico insediamento si rischia di perdere tutto. «Quel poco che rimane – avverte – riflette perfettamente il senso dei primi insediamenti oltre al simbolismo dei materiali e le tecniche che la compongono».
«A Triponia – descrive la scrittrice locale – è costituita da una porta d’ingresso e fino a due anni era presente la volta col foro al centro che immetteva direttamente alle stanze della prigione. Le mura mostrano frammenti antichi e parti più recenti. Alla porta sono congiunte le mura che racchiudono le rovine della fortezza. Il tratto meglio conservato è la parte esterna. I ruderi quasi avvolti da vegetazione si trovano in una posizione strategica, dalla quale si gode uno splendido panorama che spazia dal Reventino fino ai Mulini del fiume dell’Immacolata».
«Un luogo del passato – conclude – che ha ormai perso il suo originario senso perché in stato di forte abbandono e quasi completamente ricoperto dalla vegetazione infestante che minaccia di aprire crepe all’interno delle fondazioni e far così crollare ciò che resta di questa antica fortezza».
La storia di Conflenti
Le prime notizie documentate di Conflenti risalgono al XIV secolo e sono legate proprio a Triponia. E da quei documenti che emerge come l’origine del primo nucleo abitativo sarebbe legato al carcere baronale che qui sorgeva. La struttura fu costruita tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500.
Stando a quei riferimenti, si tratterebbe di una vera e propria fortezza semisotterranea, con torri e contrafforti in pietra, passata alla storia sotto il nome di “Triponia”. Questa struttura, o meglio quel che resta, è rinvenibile nella zona bassa del paese, vicino l’attuale piazza Sant’Andrea, in quella zona compresa tra “A lupa” e “l’uartu i stiddri”.
Anche se, stando ad alcune tesi, l’origine sarebbe da retrodatare all’XI secolo. A portare allo sviluppo di questo primo nucleo abitativo l’esistenza nella zona di un antico cenobio basiliano. Una struttura religiosa che nel tempo si è trasformato in una chiesa dedicata a San Nicola. L’edificio rimase in funzione fino agli anni sessanta, ora è in stato di abbandono.
Mentre il nome deriverebbe dal latino: participio confluentes del verbo cumfluo (scorrere insieme). Un toponimo legato alla circostanza che nei pressi della cittadina i due torrenti – Salso e Savuto – si congiungono in un unico corso d’acqua ed iniziano così a scorrere assieme.
La leggenda di Pirro
Ma la storia di Conflenti e del suo nome si lega anche ad una leggenda. Secondo alcuni racconti, alcuni soldati dell’esercito del re dell’Epiro, Pirro, durante la campagna condotta nella zona attorno al III sec. A.C qui si rifuggirono dopo una sconfitta subita. Stando alla narrazione, proprio a causa delle perdite subite gli epiroti piansero per tanti giorni i loro compagni morti. Da qui deriverebbe il nome della cittadina: confluentes, cioè dai termini latini “cum” (insieme) e “flentes” (coloro che piangono).
E sempre a questa vicenda, si legherebbe la seconda ipotesi dell’origine del nome. Il gruppo di soldati epiroti che in questa zona soggiornarono dopo la sconfitta sarebbero arrivati da una città greca denominata Conflas o Conflaulens. Da qui la scelta di chiamare questo centro, da parte dei profughi, con il nome della loro città d’origine. Una leggenda che però non trova riscontri storici visto che non esistono documenti che attesterebbero un reale battaglia combattuta in questa zona tra romani e epiroti. Anche se l’ipotesi resta affascinante come la storia di questa località del Reventino catanzarese. (foto: Egidio Baratta, Lucy Stranges)
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