Sulla via dello Zibibbo: storia di una rinascita

Quando ho visto per la prima volta un sommelier fare una degustazione sono rimasta un po’ perplessa: «Sentite questa nota spiccata di peperone?», disse davanti ad un calice di rosso. Il peperone? Nel vino? No. Ho pensato fossero modi un po’ poetici per raccontare una bevanda che, in fondo, sa di uva perché è fatta con l’uva. Mi sbagliavo e l’ho capito col tempo che, invece, il Cabernet Sauvignon sa proprio di peperone.

È un fatto di educazione al gusto e ai profumi: il cervello incamera un aroma e, un calice dopo l’altro, riuscirà ad individuare quel sentore col naso di un cane da tartufi. Il gioco, ovviamente, si semplifica quando certe bevute hanno profili sensoriali intensi e ben riconoscibili. Come lo Zibibbo, ad esempio. A cosa ti fa pensare? Alla Sicilia, probabilmente, ad un bouquet intenso e travolgente di sbuffi di zagara ed agrumi, frutta secca e fiori bianchi, a chicchi dorati che splendono come il sole sull’isola, ad un vino dolce da bere a fine pasto. È tutto vero, ma c’è di più. Perché questa varietà è un fiore all’occhiello degli autoctoni calabresi, a lungo dimenticata e, adesso, tornata agli antichi splendori, come succede spesso nella vita: un giorno sei la star, il giorno dopo una meteora. Ma quando la stoffa c’è, difficilmente non ti verrà offerta una seconda possibilità.
Un’esplosione di dolcezza
Intanto, sfatiamo qualche mito. Anche se la sua fama è legata principalmente alla Sicilia soprattutto all’isola di Pantelleria, lo Zibibbo ha radici antiche in Calabria. Furono proprio i Fenici, durante le loro rotte commerciali, a fare tappa anche da queste parti e diffondere la coltivazione della pianta, in particolare lungo la Costa degli Dei dove le colline terrazzate guardano verso il mare e godono della vista e di escursioni termiche che, insieme al terreno a matrice granitica, danno vini sapidi e minerali. L’altro mito riguarda il residuo zuccherino.

Se hai mai mangiato un chicco d’uva Zibibbo sai che stiamo parlando di una vera esplosione di dolcezza e aromaticità, la stessa che poi ritroveremo nel calice sottoforma di nettare degli dei. D’altronde, appartiene alla famiglia dei Moscati famosi per i loro profumi intensi e fragranti. Non vuol dire, però, che dallo Zibibbo nascano solo vini dolci come il capocannoniere passito di Pantelleria. Ed è qui che la Calabria scende in campo vantando una lunghissima tradizione di vino Zibibbo secco, ovvero da bere a tutto pasto.
Passione, cultura e identità
Basta riavvolgere il nastro fino a cinquant’anni fa, all’incirca, per vedere sulle nostre tavole i bicchierini da osteria pieni di bianco locale, intenso e meraviglioso. Succede, però, che lo Zibibbo finisce in fondo all’appello, scavalcato da internazionali e vitigni locali più diffusi. Se ne perdono le tracce, un po’ come quei compagni di scuola che prendono altre strade, finisci per non incontrarli più e di loro restano solo le foto di classe un po’ sbiadite e accartocciate ai bordi. Dello Zibibbo stava svanendo pure il ricordo se non fosse stato per l’impegno di alcuni giovani viticoltori che hanno scelto di mettere le mani nella terra all’insegna del recupero, della valorizzazione e del rilancio di un compagno di vecchie glorie che aveva ancora tanto da raccontare a diverse latitudini. Gli è stata data voce, e non solo quella.

Pensa che nel 2018 il Comune di Francavilla Angitola (VV) ha compiuto un passo per onorare il revival dello Zibibbo quando il consiglio comunale ha votato all’unanimità per rinominare una strada locale “Via dello Zibibbo”. Un gesto simbolico ma, soprattutto, una forte affermazione dell’importanza dello Zibibbo per l’identità e la cultura della regione e del potere della passione e della determinazione di chi ha voluto far rivivere tradizioni dimenticate. Via dello Zibibbo, oggi, è la testimonianza di un viaggio nel tempo e nello spazio, un promemoria del profondo legame tra una comunità e la sua terra e dell’eredità duratura di un vitigno che regala pennellate d’oro e di giallo alle nostre colline, anche quelle che affacciano sul versante ionico e sulla Costa Viola.

Così, da qualche anno, insieme a quello dolce al momento del dessert, siamo tornati a bere Zibibbo secco come un tempo, a tavola, insieme a piatti che ne esaltino e compensino la complessità aromatica. Cosa abbinare a questo calice? Formaggi stagionati ed erborinati, crudi e crostacei, verdure marinate, ricotta salata, salumi.
E se, come diceva Mario Soldati, il vino è la poesia della terra, lo Zibibbo allora è il nostro verso preferito. Verso la Calabria e oltre. (Rachele Grandinetti)
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