Sibari, la città della lussuria (VIDEO)
Su questa terra pianeggiante, straordinariamente fertile e nutrita da due fiumi nacque e prosperò una delle più famose città della Magna Grecia.
«Non credo che esista al mondo qualcosa di bello della pianura ove fu Sibari. C’è ogni cosa: il verde ridente dei dintorni di Napoli, la grandiosità dei più maestosi paesaggi alpestri, il sole e il mare della Grecia. Immaginatevi un immenso anfiteatro di montagne, profondo più di quaranta chilometri e aperto sul mare per una lunghezza di trenta. A nord il Pollino, scosceso e spoglio. Si alza quasi senza contrafforti, per dirupi selvaggi e desolati fino al picco di vetta (…) dove la neve non si scioglie fino a metà giugno […]». (François Lenormant, 1881)
Sibari, colonia fondata dagli Achei era conosciuta per la ricchezza, lo sfarzo, il lusso e la ricerca del piacere «sono schiavi del loro ventre e amanti del lusso» così li descriveva storico greco Diodoro Siculo. E anche oggi, non solo nella lingua italiana, il termine sibarita è usato in senso figurativo per descrivere una persona di gusti raffinati, capace di circondarsi di comodità e di un lusso eccessivi.
«Il nome di Sibari è dotato di un potere evocativo quale nessun’altra memoria del mondo italiota può vantare: evocativo di una straordinaria opulenza e raffinatezza e di una cittadinanza capace di goderne».
(Giovanni Pugliese Carratelli)
La storia di Sibari si interrompe in modo cruento con la battaglia del Traente durata settanta giorni e a distruggerla furono i guerrieri di Crotone, talmente ostile a Sibari da deviare le acque del fiume Crati per seppellirne le rovine. Nel Parco e nel Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, tracce evidenti ed importanti rinvenimenti dal centro ellenistico di Thurii e da quello romano di Copia, fondati in epoche successive alla distruzione della città greca. E tra i reperti il più ammirato è il Toro Cozzante rinvenuto all’interno dell’area durante la campagna di scavi del 2004. Il Toro, simbolo di fertilità per la sua capacità riproduttiva, è emblema della città di Sibari.
«Nei prati di Sibari crescevano le fragole tra i fiori e l’erbe odorose. Quivi le api non cessavano in tutto l’anno di lavorare un miele dolcissimo. E quasi quel suolo secondar volesse in tutte le stagioni la golosità de’ suoi abitanti, alimentava una vite detta Tarrupia, che portava grappoli anche nel cuor dell’inverno. Oltrechè Sibari, in mezzo a due fiumi pescosi, e vicino ad un mare popolato d’ogni generazione di pesci, poteva avere senza disagio quanto le acque danno di più delizioso al palato».
(Romualdo Cannonero, 187)
di Redazione
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