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Sentiero del Tracciolino, da Palmi a Bagnara: «il piccolo paradiso» della Costa Viola

Sentiero del Tracciolino, da Palmi a Bagnara: «il piccolo paradiso» della Costa Viola

E’ uno dei territori più affascinanti e misteriosi della Calabria. Siamo sulla Costa Viola che collega Palmi e Bagnara Calabra. Deve il suo nome ai particolari riflessi violacei che si intravedono sullo specchio del mar Tirreno. Qui – con passione e dedizione – un gruppo di cittadini amanti del trekking e del turismo lento hanno riportato alla luce, metro dopo metro, l’antico “Cammino francese”. L’ultima scoperta, in ordine di tempo, è la parte terminale della scalinata del fortino che porta fino a mare, diventata tappa principale del Sentiero del Tracciolino. La scalinata veniva utilizzata in passato dalle donne di Bagnara Calabra, per portare a mare le ceste di uva poi caricate sulle barche e portate nel palmento per produrre il vino. Il fortino – costruito dai francesi durante la loro occupazione, agli inizi dell’800 – conduce al tunnel militare di Murat dove era posto un cannone a difesa della spiaggia di Rochi, utilizzato come difesa per respingere le incursioni inglesi.

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L’antica scalinata – Sentiero del Tracciolino

«Il piccolo Paradiso», così lo scrittore Leonida Repaci definiva il tratto di costa che da Palmi si spinge fino a Bagnara. E’ la parte finale della punta dello stivale: il mare è aperto, profondo e senza ridossi. Le acque limpide custodiscono la secolare storia di antiche civiltà giunte in Calabria. Il Sentiero del Tracciolino è rimasto per decenni in stato di totale abbandono, rinato grazie all’impegno dei volontari di tutte le associazioni della Costa Viola. In questo tratto costiero, tra i più belli di tutta la Calabria, storia e leggende si intrecciano: si segnalano il passaggio di Ulisse e lo sbarco di Oreste. Qui, si ritiravano in preghiera i monaci e Sant’Elia che fonderà un monastero.

Il percorso

I fondali di Cala Janculla e Cala Leone proteggono tesori archeologici e naturali. Riparata a sud dal colle di Sant’Elia, Palmi è considerata una città di mare e montagna. Da qui parte il cammino, un percorso lungo circa 15 chilometri che condurrà fino al porticciolo di Bagnara Calabra con lo sguardo sempre rivolto alle spiagge dorate della Tonnara, Pietra nera e Scinà. E poi, l’estesa costa granitica disseminata di incantevoli insenature e meravigliosi fondali oltre ai terrazzamenti a secco, i più lunghi del bacino del Mediterraneo (oltre 4 chilometri) e coltivati a zibibbo. Il cammino è scandito da pause, per ripararsi dal sole e dissetarsi lasciandosi travolgere da un panorama incantevole. Un balcone sullo Stretto, da Capo Vaticano fino all’imbocco settentrionale dello Stretto di Messina. Il sentiero è scosceso, in alcuni tratti accidentato, il terreno sdrucciolevole ed alcuni macigni sbarrano il tragitto ma è impossibile non avventurarsi tra gli anfratti rocciosi che dominano l’intero promontorio. Il Tracciolino – raccontano le guide – è «un’opera di ingegneria idraulica». All’epoca «si lavorava soltanto a mani nude e gli operai che hanno realizzato il tracciato, trovandosi di fronte un monolite di roccia, per mantenere costante la pendenza e consentire all’acqua di scorrere fino a Palmi hanno dovuto letteralmente tagliare in due questa roccia. Da lì, il nome “Pietra spaccata“».

Cala Leone

Siamo nel punto più alto, dove ammirano nitidamente sia Cala Leone che Cala Janculla. «Cala Leone prende il nome dall’imperatore dell’impero romano d’oriente Leone Sesto», detto il saggio e il filosofo. «Devoto di Sant’Elia, l’imperatore si dice miracolato e in segno di riconoscenza raggiunge la Costa Viola e e sbarca proprio nella Caletta, oggi chiamata Cala Leone. Da lì, «l’imperatore risale tutto il costone fino a raggiungere il promontorio e ordina la costruzione di un monastero imperiale dedicato a Sant’Elia il giovane». Del monastero – raccontano le guide – «si hanno riferimenti documentali del 1890, vi è una foto che lo ritrae». Oggi sono visibili solo dei ruderi, il convento è andato distrutto a causa di una serie di eventi disastrosi che si sono susseguiti. «Il primo nel 1908 con il terremoto che ha raso al suolo quest’area» e il secondo si lega alla seconda Guerra Mondiale «perché in questa zona erano presenti diversi accampamenti tedeschi, bombardati dalla contraerea».

L’arrivo a Bagnara

Bagnara Calabra si specchia sulle acque del Basso Tirreno, la visione dello Stretto di Messina, dello Stromboli e delle Isole Eolie resta uno dei panorami più incantevoli d’Italia, come sottolinea Edward Lear, nel suo diario. La strada costiera attraversa le pendici ricoperte dalla macchia mediterranea. Giunti alla meta, concedetevi un meritato riposo e l’assaggio del Torrone di Bagnara Igp. L’arte del torrone si tramanda di generazione in generazione anche se pare che già nel 1700 «i monaci dell’abbazia di Bagnara si dedicavano alla preparazione di dolci e, tra questi, una ricetta era simile a quella del torrone “Martiniana”». La prima fabbrica risale alla metà del 1800 e nasce per volere di Francesco Antonio Cardone che decide di produrre il dolce torrefatto secondo le indicazioni dei suoi antenati e in qualche decennio diventa fornitore della Casa Reale Savoia. «Il prodotto è ottenuto con una serie di modalità descritte accuratamente che prevedono passaggi precisi nella cottura e nella lavorazione di miele, zucchero e mandorle non pelate tostate, l’uso di cannella e chiodi di garofano in polvere e le due diverse coperture. Oltre al perfetto dosaggio degli ingredienti è decisivo il sistema di cottura a fuoco vivo ad alte temperature e le procedure di affinamento del tutto particolari che regalano il cosiddetto aspetto a “manto di monaco”».

di Fabio Benincasa

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