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Sentieri e sapori: il Parco Nazionale del Pollino, dove la natura incontra la tavola

Sentieri e sapori: il Parco Nazionale del Pollino, dove la natura incontra la tavola

C’è tanto verde a guardare la Calabria dall’alto: ad un astronauta affacciato dallo spazio, forse, verrebbe voglia di togliersi il casco quanto è l’ossigeno che si respira quaggiù. È merito dei tre Parchi Nazionali, patrimonio naturale inestimabile e risorsa per la tutela ambientale. Si tratta del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte che coprono una superficie di 240mila ettari. E in mezzo a tutto questa vegetazione, un fiore all’occhiello perché il Parco Nazionale del Pollino è il più esteso d’Italia con i suoi 192.565 ettari tra la Basilicata e la Calabria dove abbraccia le province di Potenza, Matera e Cosenza. Un’oasi formato gigante di natura selvaggia e incontaminata, vero paradiso per gli amanti del trekking, dell’escursionismo, della mountain bike. Non c’è giorno in cui non si vedano passare lungo i sentieri del parco gruppi di appassionati con scarpette da scalata o in sella ad una ebike: il turismo qui è quattro stagioni perché ogni mese dell’anno regala un colore e una suggestione, un profumo e una nuova esperienza.

Poi, si sa, la montagna mette appetito ed esiste niente di più bello di un pic-nic all’aperto quando in città le temperature superano i 30 gradi (grazie riscaldamento globale) mentre tu fai il pieno di aria pulita a mille metri sul mare? La biodiversità di questo spicchio di alta Calabria ha seminato una tradizione agricola secolare che continua a dare i suoi frutti. Quali sono, allora, i prodotti irrinunciabili per una Pollino-Experience a tavola (o sull’erba)?

Il pane di Cerchiara

Profumo più bello non c’è: è quello del pane appena sfornato che riempie la stanza e il cuore. È il re della tavola e l’elogio alla semplicità: realizzato con lievito madre, farina di grano per il 60%, crusca per la restante parte, acqua di montagna e cottura a legna, il pane di Cerchiara ha una crosta dorata e fragrante e un impasto morbido che resiste intatto anche dieci giorni. Ogni panificio, ovviamente, ha la sua ricetta e miscela le farine in percentuali leggermente diverse o aggiunge un po’ di farina di segale o di maiorca (varietà di grano tenero della Calabria) per conferire al pane aromi più particolari, ma tutti seguono quel metodo artigianale che si tramanda di generazione in generazione.

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Il bocconotto di Mormanno

Molto più di un dolce. La leggenda narra che nel XVII secolo, Isabella,figlia di un ricco feudatario, e Nino, un umile fornaio, si innamorarono follemente nonostante le differenze sociali. Questa relazione, però, era osteggiata dai potenti del paese. Un giorno, i due decisero di fuggire insieme per vivere il loro amore lontano dai pregiudizi e, prima di partire, Nino preparò per la sua amata dei dolci come pegno d’amore: erano i bocconotti che, da allora, presero il nome di “Bocconotti di Mormanno”. Purtroppo, i giovani furono catturati e separati: Isabella rinchiusa in un convento, Nino costretto a lasciare il paese. I bocconotti, però, rimasero il simbolo del loro legame eterno. Si dice che, ogni anno, il giorno dell’anniversario del loro amore proibito, i fantasmi di Isabella e Nino si aggirino per le strade del paese inondando l’aria con l’aroma dei bocconotti. Un amore di dolce, insomma, una pasta frolla ripiena con un morbido impasto a base di farina di mandorle, zucchero, uova e scorza di limone. Rotondi, ovali o a canestrello, vengono poi farciti con marmellata o cioccolato: il risultato è un tripudio di friabilità, quando ti riempi il grembo di molliche e sei felice.

Il fagiolo poverello bianco

Si coltiva nei comuni di Mormanno, Laino Castello, Laino Borgo, Tortora e Aieta ed è Presidio Slow Food. Il poverello è piccolo ma così grande da racchiudere il sapore della tradizione, il rispetto per l’ambiente e il valore del territorio. La sua presenza, infatti, contribuisce a preservare la biodiversità del luogo. Questa varietà si distingue per il colore bianco senza screziature e per la buccia molto sottile (il che lo rende particolarmente digeribile). Pensando alla combo aria di montagna-fagioli vengono in mente le pignatte alla Bud Spencer da mangiare con un mestolo di legno, e non c’è altro da aggiungere! Per i pasta-lovers, invece, il must è la lagana (quindi una tagliatella senza uova) con ceci e fagiolo poverello: una miniera di fibre e una coccola per il palato quando l’aria si fa frizzantina.

Sapori di confine: il mischiglio

Il Parco del Pollino abbraccia due regioni e, come spesso accade, sui territori di confine un po’ ci si confonde: succede con l’accento, con le tradizioni e pure con il cibo. Immagina di sistemare due tavoli, uno accanto all’altro, un po’ come facciamo a Natale, quando allunghiamo quello del soggiorno per fare posto alla famiglia al completo. In mezzo c’è una fessura (il confine) ma la tovaglia unica che copre tutto la rende una sola, bellissima tavolata. Il Pollino è così: ci raduna attorno agli stessi piatti. Perciò, il mischiglio, la cui area di produzione è limitata ai quattro comuni lucani di Calvera, Fardella, Teana e Chiaromonte, finisce pure nei territori di Morano, Campotenese, Mormanno, tanto per citarne alcuni. Si tratta di una farina macinata a pietra, ottenuta da un miscuglio di cereali e legumi, tra cui grano duro, grano tenero, ceci, fave e orzo. Le proporzioni possono variare a seconda della zona e delle tradizioni familiari e, in alcuni casi, il mischiglio può essere arricchito con altri ingredienti, come avena, segale o lenticchie. È il racconto più buono della tradizione povera del Pollino, quando le risorse erano scarse e i contadini mescolavano i cereali e i legumi disponibili per ottenere una farina versatile ma, soprattutto, nutriente. La pasta fresca è la morte sua: dà cavatelli, fusilli, oriecchiette (spazio alla fantasia) dal colore leggermente scuro, un gusto rustico e una consistenza ruvida che si sposa con sughi saporiti. Non c’è matrimonio più felice a tavola quando arriva l’oste a chiederti se vuoi provare il nostro mischiglio. E non resta che rispondere: sì, lo voglio!
Rachele Grandinetti
(Foto copertina: @lucianooli_ – bocconotti di mormanno @scattiappetitosi))

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