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Sciabaca, la rete invisibile che unisce i destini

Sciabaca, la rete invisibile che unisce i destini

Sciabaca, il festival di Soveria Mannelli dedicato a viaggi e culture mediterranee promosso da Rubbettino Editore, ha avuto ieri il suo felice avvio. Fino al 22 settembre, quattro giorni di immersione nella letteratura, nell’arte, nella scienza e nella natura, con i protagonisti della cultura e i custodi della memoria.

Ad aprire la serie di appuntamenti, è stato lo scrittore e critico letterario – e soprattutto viaggiatore – Massimo Onofri che ha presentato il suo libro “Isolitudini. Atlante letterario delle isole e dei mari”, un racconto di isole reali e immaginarie, nato dalle curiosità delle sue infinite letture.

Fra gli appassionanti incontri di oggi, alle 18, nell’Officina della Cultura e della Creatività, c’è invece quello con Emiliano Casalini, giornalista di razza che, con la sua serie “Generazione bellezza” in onda su Rai 3, racconta dei progetti, delle storie di buona volontà di singole persone o di intere comunità che, ognuno a proprio modo, si ingegnano con estro e coraggio per cambiare il proprio destino e quello del territorio in cui vivono. Per generare bellezza, appunto, ma anche economia condivisa e sostenibile.

Soveria Mannelli “fa cose”, grandi e veramente belle, tanto che nel 2017 è stata insignita dal Centro per il Libro e la Lettura del riconoscimento di pregio “Città che legge”,  grazie alle politiche di promozione del libro e della lettura sostenute dal Comune e dagli enti culturali cittadini. Un altro punto in più per Soveria. Con Sciabaca, poi, è diventata anche una questione identitaria, oltre che geografica. Se è vero che per Cesare Pavese, nella ‘Luna e i Falò’, “un paese ci vuole”,  un posto come Soveria Mannelli, nel cuore della Calabria antica, non solo ci vuole, ma era – ed è – anche utile. Sulle antiche cartine, infatti, Soveria era chiaramente posizionata al confine tra la Calabria Ultra e la Calabria Citra; da qui passava e passa ancora la tortuosa strada Statale 19, non a caso denominata “Delle Calabrie”. Utile, come lo era un tempo, perché punto di passaggio, di relazioni, di incontro per chi viaggiava – volente o nolente – da Sud a Nord  o per chissà dove. Utile anche oggi, perché Soveria non è più solo un punto di transito come allora, ma un posto in cui si va e ci si ferma.

Sarà anche per questo, ma qui c’è un’idea ben precisa del viaggiatore che compie, sì, il suo cammino di conoscenza, ma è soprattutto colui che – per sua stessa intrinseca natura – porta con sé le sue esperienze, storie da raccontare, un punto di vista diverso o anche una visione di futuro. Viaggiatore è anche l’uomo semplice che coltiva la vita, ne coglie la grandezza e cerca nella natura luoghi di quiete e l’intesa col mondo. È il turista, oggi molto esigente, che è proiettato verso il futuro, ma che tra le testimonianze antiche cerca anche un presente nel quale riconoscersi. È l’artista, infine, perennemente affamato di nuovi paesaggi, intuizioni, energia creativa. Sciabaca è anche questo, una rete invisibile che avvicina le storie e unisce i destini delle persone, della comunità e la natura che la circonda, combina le parole dei racconti – diversi tra loro – ma che sembrano andare nell’unica direzione di una possibilità, che sia bella e buona per tutti. Per questo si getta la rete – la sciabaca da queste parti – per pescare, raccogliere opportunità.

«Sciabaca è un momento di festa in cui libri, idee, territorio e cultura d’impresa dialogano insieme rendendo concreti e visibili gli ideali che hanno guidato l’agire della Casa Editrice in questi suoi 50 anni di storia», racconta l’editore Florindo Rubbettino, ideatore del festival. «Un’impresa non è un’isola, potremmo dire parafrasando John Donne. C’è una parte visibile che è quella delle cose che produce ma ce n’è un’altra, altrettanto importante, che è fatta di legami, relazioni, di esempi e pratiche virtuose ma soprattutto di persone. Sono questi gli elementi – continua Rubbettino – che da un lato arricchiscono i territori dove le imprese operano, e dall’altro queste ultime ne sono arricchite in un processo di continua osmosi. Ecco con Sciabaca vogliamo rendere evidente questo sottotesto. Per questo abbiamo scelto l’immagine della rete, della sciabaca, come si chiama al Sud. Il nostro festival vuole essere soprattutto anche un momento di connessione. Anche per questa ragione – conclude – abbiamo voluto che si tenesse ogni anno all’inizio dell’autunno, quando l’estate è finita e tutto riappare nella sua luce consueta e più vera».

Sciabaca ha programma ricchissimo che consigliamo di consultare su https://www.sciabaca.it/

Di Daniela Malatacca (info@meraviglie.it)

Foto panoramiche di Luca Colistra

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