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Połëcënellë, ad Alessandria del Carretto si rinnova la contrapposizione nietzschiana tra il bene ed il male

Połëcënellë, ad Alessandria del Carretto si rinnova la contrapposizione nietzschiana tra il bene ed il male

di Roberto De Santo

Antico e con una connotazione unica. Tra gli appuntamenti carnevaleschi più interessanti del Mezzogiorno d’Italia quello di Alessandria del Carretto riveste queste specificità. La rappresentazione in occasione del Carnevale che anima il piccolo centro del Parco Nazionale del Pollino e che si è rinnovato ieri ha la forza della tradizione – antica – e della leggenda. Tramandata da generazioni fin dalle origini del borgo più alto dell’area protetta, la tradizionale festa è un miscuglio unico di riti pagani di cui si perdono le tracce nella notte dei tempi e leggendarie storie che affascinano.


A fare da padrone quelle maschere uniche nel suo genere.
I Polëcënëllë Biëllë, i Polëcënëllë Bruttë (o lajëdë) ed ancora l’Ursë e la Coremmë. Maschere enigmatiche che sfilano danzando a ritmo di tarantella per le vie del paese coinvolgendo nel rituale festoso la popolazione.
Un rituale che, stando ad alcune fonti storiche, risalirebbe ad uno spettacolo antico di tradizione greca e legato a riti propiziatori per l’arrivo della primavera. Si scaccia l’inverno con i suoi mali e si auspica l’arrivo della stagione fausta per la rinascita della natura con i suoi effetti benefici per il rifiorire dell’agricoltura. D’altronde la storia contadina è piena di rituali catarsici.
Così anche nelle festose movenze carnevalesche della cittadina – che deve il nome al marchese Alessandro Pignone del Carretto che quattro secoli fa dominò questi territori – si ritroverebbero le sue origini vere.


Ed in questa rappresentazione – plasticamente autentica – nelle Połëcënellë Bielle ci sarebbero da riscontrare i tratti apollinei del bello, della solarità e del riscatto della luce armoniosa della primavera con la sua vivacità contro la forza negativa del buio, dell’oscurità che l’inverno ed in generale il mondo propina. Con gli stravizi dionisiaci che inducono l’uomo alla perdizione. Aspetti negativi interpretati dalle maschere di Polëcënëllë Bruttë.
Così tra i vicoli del borgo antico va in scena una sorta di contrapposizione nietzschiana in cui però nessuno prevale, ma sopravvivono come nella letteratura della vita.
Il fascino del carnevale di Alessandria del Carretto è qui. Gesti teatrali vissuti collettivamente e percepiti ancestralmente da coloro i quali assistono allo sfilare delle maschere.

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La voglia di scacciare il male e l’oscurità, invocando con musica, danze e la convivialità la luce, la bellezza intrinseca nel risveglio della natura della stagione primaverile. E poi ci sono la maschera dell’Ursë, l’uomo dalle sembianze animalesche che rappresenta la natura selvaggia portato in giro per la città incatenato e che tenta più volte di liberarsi. Anche qui con lo scontro tra uomo e il suo destino legato alla forza oscura della natura. E infine c’è la Coremmë, la maschera che incarna la Quaresima. La fine del periodo festoso e il ritorno al presente.


Nel corteo che prende le mosse nella cittadina del Pollino cosentino, così c’è la forza del riscatto nella consapevolezza del male onnipresente che circonda il quotidiano. Ma c’è anche quella speranza di voler cambiare il mondo con la bellezza. Una lettura autentica che costituisce il pensiero di Dostoevskij. Riti che per questo restano validi ed attuali e che fanno di Alessandria del Carretto con il suo carnevale esempio di una classicità senza tempo.
Un rito che si è rinnovato anche quest’anno sulle vette del Pollino calabrese. (foto: Paolo Napoli, Andrea Vacchiano, Franco Middonno)

info@meravigliedicalabria.it

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