Perché è come il pane, e in casa non deve mai mancare
È una regione ricca di ogni bene, poiché la terra è ovunque fertile. Ci sono, però, immagini precise che evocano la Calabria all’istante: le arance profumate e le clementine dolci; i bergamotti, che non ce n’è per nessuno, così anche per i cedri; a perdita d’occhio i vigneti a bacca nera vicini al mare, sulle colline aperte, o quelli eroici, abbarbicati sui pendii. Poi gli uliveti. Non c’è un fazzoletto di terra che qui non abbia almeno un albero di ulivo. Da millenni. La sua coltivazione in Calabria risalirebbe, infatti, al VII secolo a.C. , a quando i Greci che venivano a insediarsi nelle colonie magnogreche portavano con sé anche quelle piante. Alberi che hanno fatto presto a integrarsi nel sistema agricolo preesistente, dando vita a una tradizione che ha attraversato il tempo.
Fu però con l’arrivo dei Romani che l’olivicoltura calabrese svoltò grazie alle nuove tecniche di spremitura e conservazione dell’olio, tanto da rendere la regione uno dei territori più importanti, per la produzione, nell’Impero. Plinio il Vecchio raccontava di un’Italia che, già nel I secolo d.C., produceva un olio eccellente, rinomato in tutto il Mediterraneo.
Nel corso dei secoli, l’ulivo ha continuato a caratterizzare il paesaggio e l’economia della regione. Ci sono piantagioni estese su vasti areali che dalla pianura arrivano fino a circa 600 m di altitudine, come, per esempio alle zone della Piana di Gioia Tauro – Palmi – Seminara. Da queste parti il paesaggio olivicolo è per molti versi unico, vista l’eccezionale età delle piante e la copertura a bosco con alberi secolari, imponenti, alti fino a 20 metri; anche se esemplari pluricentenari si trovano isolatamente sparsi in tutta la regione.
Sicuramente in Calabria sono presenti più di 30 cultivar che, grazie al clima e al terreno, riescono a produrre oli extravergini con sfumature di sapore e profumo unici. La regione è seconda in Italia per produzione, con 181.000 ettari di uliveti e 718 frantoi attivi che lavorano per imbottigliare un olio di altissima qualità. Tra le numerose varietà presenti in Calabria, il Consorzio di Tutela dell’Olio di Calabria IGP ha individuato quelle che meglio rappresentano l’identità della regione.
Una delle cultivar autoctone più diffusa è la Carolea , i cui frutti si stanno raccogliendo in questo periodo. Il suo olio ha un colore verde-dorato e un sapore che oscilla tra amaro, piccante e fruttato intenso, con sentori che ricordano erba fresca, pomodoro, mandorla e carciofo. Nell’area del Cosentino, un’altra cultivar autoctona, la Roggianella , caratterizza il panorama olivicolo. Questa pianta, che ha una struttura più minuta rispetto alla Carolea, è particolarmente rustica e si adatta a diverse condizioni climatiche. Un’altra varietà è la Dolce di Rossano, con piante di dimensioni importanti, e con frutti che restituiscono un olio veramente straordinario. E ancora, la Cassanese, buona oltre che per l’olio, anche come oliva da tavola. Nel Reggino e nel Vibonese, si trova, tra le altre, la Ottobratica , una cultivar autoctona che deve il suo nome proprio al mese di ottobre, periodo in cui raggiunge la maturazione. L’olio prodotto da questa varietà ha un profumo inconfondibile per le sue note di cardo e cannella.
Pochi esempi riportati, tra le tante cultivar, per significare che la bontà dell’olio calabrese è legata al clima, al terreno, alle caratteristiche orografiche, ma anche alla storia, alla cultura e alle tradizioni. Tutto quello che in una sola parola, come per il vino, è il terroir.
I produttori calabresi, che da generazioni dedicano la loro vita all’olivicoltura, vedono nel prodotto il frutto del loro lavoro, ma anche una storia che continua a vivere. Esattamente come accade per il vino. Non a caso, molti di loro conducono parallelamente le due attività, e spesso con grande soddisfazione. Ogni raccolta avviene nel momento preciso, con una cura che inizia nei campi e si conclude nei frantoi, dove le olive vengono trasformate attraverso processi che rispettano il frutto e ne preservano tutte le qualità. La freschezza del prodotto e la scelta delle olive migliori garantiscono un risultato che si mantiene inalterato nel tempo, se conservato correttamente.
Il Consorzio di Tutela dell’Olio di Calabria IGP ha un ruolo fondamentale nella sua valorizzazione perché assicura che ogni prodotto rispetti gli elevati standard previsti dal disciplinare e, attraverso il marchio IGP, ne garantisce qualità e autenticità. L’extravergine calabrese, oltre a quello regionale, ha pure tre declinazioni a marchio, che sono identitari di territori specifici, come il Lametia DOP, Alto Crotonese DOP e Bruzio DOP.
L’olio calabrese rientra da molti anni anche tra gli interessi turistici. Molte aziende danno infatti la possibilità di scoprire da vicino il processo produttivo, partecipare alla raccolta delle olive e visitare i frantoi, spesso in abbinamento a percorsi enogastronomici lungo le “Strade dell’olio” che passano da 17 Città dell’Olio, nelle diverse province, vocate alla produzione di extravergine calabrese.
È un tesoro della dieta mediterranea, un prodotto di eccellenza richiesto per arricchire i piatti fuori dai confini regionali e nazionali. Lo è per coloro che lo legano alle proprie ricette, e magari a un ricordo olfattivo, visivo e di gusto. “Condire con un filo d’olio” è una frase ricorrente, come nel libro di Simonetta Agnello Hornby, edito da Sellerio, che si chiama proprio “Un filo d’olio”. Quell’alimento – e guai a chiamarlo condimento – dà a ogni pietanza persino una nuova veste: «‘rinfrescava’ i resti e le verdure cotte in anticipo, ancora tiepide, esaltandone gli odori; faceva rinvenire lo sfincione da riscaldare; trasformava in squisite pizzette le fette di pane raffermo…».
Anche i calabresi sono molto abili in questo. Sanno sempre utilizzare l’olio, certo anche per rianimare e lucidare le pietanze avanzate. Poi, va da sé, qui non esiste il concetto della parsimonia in cucina. Al contrario, c’è sempre tutto, messo insieme generosamente. Ci sono alimenti di cui proprio non si fa a meno, che fanno parte della tradizione e della storia personale di ognuno. A maggior ragione non si fa a meno dell’olio. Perché è come il pane, e in casa non deve mai mancare.
Di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)