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Pentedattilo nella mano di un gigante (VIDEO)

Pentedattilo nella mano di un gigante (VIDEO)

“Selvagge sommità di pietra spuntano nell’aria, aride e chiaramente definite in forma (…) di una mano gigantesca contro il cielo”. Sono le parole del viaggiatore e scrittore inglese Edward Lear che nel 1847 visitò la provincia di Reggio Calabria ed in particolare l’area che è espressione della cultura magno-greca e culla secolare della minoranza linguistica ellenofona. E’ “penta-daktylos”, Pentedattilo, ennesima meraviglia costruita dall’uomo seguendo lo stupefacente delinearsi di una natura maestosa e misteriosa.

La “mano gigantesca contro il cielo” è quella del Monte Calvario dove nel 640 a.C. alcuni coloni greci, i Calcidesi, fondarono Pentedattilo divenuto nel tempo e nello scorrere dei secoli uno dei tanti paesi fantasma della provincia reggina. All’ombra di questa maestosa rupe di arenaria il borgo è recentemente rinato a nuova vita, li dove le case erano vuote sono risorte botteghe, li dove i passi erano rumori solitari in vie senza vita oggi riecheggiano le voci di turisti affascinati da questa decadente magia. Il mistero e la leggenda avvolge invece la storia drammatica che da secoli si accompagna al silenzio di Pentedattilo, è la strage degli Alberti.

Nell’Anno Domini 1686 questo borgo, cosi come tutta l’Italia meridionale, era dominio spagnolo, il Vicerè da Napoli estendeva la mano e la forza dei cattolicissimi Re di Spagna, a Pentedattilo la signoria era esercitata, grazie a Ruggero d’Altavilla, dai Baroni Abenavoli. In epoca successiva a quella originaria concessione normanna Pentedattilo finì sotto il controllo dei Marchesi Alberti.
Tra le due famiglie i rapporti, già non semplici, si conclusero con una tragica storia di amore e nobiltà, omicidi e rapimenti. Il barone Bernardino Abenavoli  era innamorato di Antonietta Alberti, sorella del Marchese Lorenzo, quest’ultimo promesso sposo di Caterina Cortez, figlia del Vicerè di Napoli; al matrimonio tra il Marchese e Caterina Cortez partecipò, ovviamente, il fratello della sposa, Don Petrillo Cortez, che arrivato al Castello di Pentedattilo fu rapito dalla bellezza di Antonietta Alberti. Al punto che le voci di un altro imminente matrimonio stesse per legare le famiglie Abenavoli e Cortez.

Sullo sfondo di questa storia, sin qui d’amore, la rabbia del Barone Bernardino Abenavoli, ferito nei sentimenti e forse anche indispettito dall’importanza che gli Alberti stavano per assumere nelle stanze della Corte di Napoli e dunque di Spagna. Il 16 aprile del 1686, vigilia di Pasqua, il Barone, con la complicità di un uomo in servizio al Castello di Pentedattilo, riesce ad entrare con un manipolo di uomini nella fortezza e armato di ludica follia fa strage di tutti i presenti. Perì nell’assalto anche Simone Alberti, di appena nove anni.

 

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