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Moscato di Saracena, il passito dei Papi

Moscato di Saracena, il passito dei Papi

E’ avvincente scoprire come in Calabria i prodotti della terra e le produzioni agroalimentare vantino spesso un percorso antico e spesso intrecciato con i nomi della”grande” storia.

Ed è cosi anche nel caso del Moscato passito di Saracena, piccolo centro della provincia di Cosenza che parrebbe discendere dall’Antica Sestio, fondata dagli Enotrii nel 2256 a.C., ed il cui nome attuale sarebbe invece conseguenza della conquista ad opera dei Saraceni nel 900 d.C. Quell’antica cittadina fu poi distrutta dall’esercito imperiale di Costantinopoli ed ancora oggi nel gonfalone comunale è raffigurata una donna intenta a fuggire avvolta in un lenzuolo, con intorno la scritta: “Universitas terrae Saracinae”.

Alle origini di Saracena, dunque, vi sarebbero il popolo che abitava quella che fu definita dai Greci “terra del vino”. Ma dicevamo, non a caso, del Moscato di Saracena, del suo antico percorso e del legame con la “grande” storia. Di questo vino passito, divenuto presidio Slow Food, si ha memoria scritta già nel XVI secolo, ad apprezzarlo era Papa Pio IV ma a Roma lo faceva giungere nell’Enoteca Pontificia un calabrese illustre, il Cardinale Prefetto della Biblioteca Vaticana, Guglielmo Sirleto, che forse lo aveva scoperto nel tempo in cui dimorò, da Vescovo, a San Marco Argentano.

Citato in diversi trattati enologici dell’800, il vino di Saracena lasciò traccia ed entusiasmo anche nelle cronache di viaggiatori illustri: “..sorge il prosperoso paese di Saracena, famoso fin dai secoli passati per il suo moscato. Lo si ottiene dall’uva portata dai saraceni da Maskat”. (Norman Douglas – Old calabria – 1915)

Il Moscato è un vino passito la cui produzione dipende dalla vinificazione delle uve guarnaccia, malvasia, “adduroca” (profumata) e moscatello. L’equilibrio tra le uve può variare ma tradizionalmente quelle prevalenti sono guarnaccia e malvasia a cui si aggiunge una piccola quantità di “adduraca”; le tre uve sono pigiate, il mosto ottenuto viene bollito fino a raggiungere una riduzione del 30% circa aumentandone, dunque, sia il grado zuccherino che quello alcolometrico. La quarta uva, il moscatello, è invece raccolto, appeso su graticci all’ombra per circa 15 giorni, con gli acini successivamente selezionati in ragione dell’appassimento e dunque dell’avvenuta concentrazione di aromi e zuccheri.

I due mosti sono uniti e fermentano insieme. Nasce cosi, infine, il Moscato di Saracena, un vino color ambra, profumato e con sentori di fichi secchi, frutta esotica, mandorle e miele.

“I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti”

(Salvador Dalí)

redazione@meravigliedicalabria.it

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