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L’estate ha un solo re: il pomodoro di Belmonte Calabro

L’estate ha un solo re: il pomodoro di Belmonte Calabro

Le temperature si alzano e la voglia di cucinare si abbassa. È quel periodo dell’anno in cui sui social imperversano gli scatti al cruscotto dell’auto che segna i gradi con caption di accompagnamento in pieno stile “vivere in Calabria is…”. Al mattino si sfiorano i 40 gradi, la sera, poi, un po’ di venticello rinfranca abiti e spirito. Anche con qualche grado in meno, però, forno e fornelli diventano i nostri peggiori nemici: meglio digiuni che sudati? C’è chi non saprebbe cosa scegliere perché forse non hanno mai vissuto quella che ritengono una leggenda metropolitana: “Con questo caldo, passa anche la fame”. Ad alcuni di noi, la fame non passa mai. Perciò il segreto è trovare l’equilibrio tra gusto e freschezza per mettersi a tavola salivando da acquolina in bocca e non zampillando come Fantozzi.

“Giù da noi” c’è un solo re, indiscusso ed eletto a furor di popolo: il pomodoro. Non conosce orari e nemmeno limiti, perché dove sta scritto che se lo mangio stasera non posso metterlo nel piatto pure domani? Parafrasando, insomma: che estate sarebbe senza i pomodori? Impossibile immaginarlo. È come pensare al Natale senza panettone, alla Pasqua senza l’uovo di cioccolato, a Napoli senza la pizza. Datterini, ciliegini, da insalata: ce n’è per tutti i gusti e di ogni forma. C’è chi li preferisce al basilico, chi con l’origano, chi li rende protagonisti di insalatone che finiscono per diventare super-food che di light hanno ben poco in compagnia di tonno, patate, mozzarella, olive e chi più ne ha in dispensa, più ne metta.

Nella varietà, però, si fa presto a dire pomodoro, soprattutto in certe zone. Nel cosentino, ad esempio, se dici pomodoro, dici pomodoro di Belmonte Calabro. Siamo sul Mar Tirreno, in un borgo fondato dagli Angioini nella seconda metà del Duecento, dove il castello che domina dall’alto pare narrare storie di assedi e battaglie. Mare limpido, spiaggia ciottolosa, una fabbrica di cioccolato a due passi, Belmonte Calabro è uno di quei luoghi che ricordano profumi e ispirano cose buone. I pomodori che vengono coltivati qui sono di qualità così elevata da essere diventati identificativi del territorio. Sono quelle associazioni di idee lampanti e meravigliose che entrano nel nostro bagaglio culturale e nel cuore. Come quando dici Spilinga e pensi alla ‘nduja, cipolla e pensi a Tropea, pesce stocco e pensi a Cittanova. Se dici pomodoro, dunque, Belmonte Calabro is the answer.

Per chi non lo conoscesse, si distingue per la forma un po’ schiacciata e irregolare che ricorda quasi un cuore di bue. La sua buccia, sottile e vellutata, racchiude una polpa carnosa e succosa dal colore rosso intenso, che vira verso il giallo vicino al picciolo: un trionfo di colori da amore a prima vista. In bocca, poi, non lascia spazio ai dubbi e il commento è uno, uno soltanto e in dialetto: “È zuccaru”! Traduzione: è zucchero. Perché la nota acidula è in perfetta armonia con la componente zuccherina che lo rende unico, insieme alla succulenza. È uno di quei pomodori, insomma, che una volta lasciati mezz’oretta nell’insalatiera con un filo d’olio evo estraggono così tanto sughetto da rendere obbligatoria la scarpetta. Il pomodoro di Belmonte è Presidio Slow Food dal 2003, un riconoscimento che ci inorgoglisce perché il disciplinare di produzione garantisce qualità e tracciabilità del prodotto, tutelando le caratteristiche che lo rendono unico e preservando la biodiversità del luogo. Slow Food, poi, non si limita alla tutela ma si impegna a promuovere quel territorio sostenendo i produttori locali e valorizzando il patrimonio gastronomico e culturale della zona.

Insomma, non chiamatelo solo frutto della terra perché il pomodoro di Belmonte è simbolo dell’identità culturale di questo spicchio di Tirreno cosentino ed esempio virtuoso di agricoltura sostenibile. Ogni re poi, si sa, ha la sua regina. E non poteva che essere lei la compagna di viaggio (e di piatto) ideale: la cipolla di Tropea. La combo pomodoro-cipolla, infatti, dà vita ad un dei piatti dell’estate nostrana: l’insalata calabrese, specchio della cucina contadina e della sua capacità di arrangiarsi con ciò che la terra ha sempre avuto da offrire. Si procede così: pomodoro a cubotti, cipolla di Tropea a fettine generose, freselle spezzettate, filo di olio evo e sale. Mescolare dal fondo verso l’alto, inspirare a pieni polmoni, infilzare pomodoro e cipolla, fare la scarpetta con le freselle. Essere felici!
Rachele Grandinetti
(Foto copertina: @pizzicagnolorimini)

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