Le storie albanesi di Calabria
La Calabria è una costellazione variegata di luoghi, abitati nei secoli da Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi che ne hanno arricchito la storia e plasmato i territori. Ma esistono terre di Calabria dove questa contaminazione diventa autenticamente culturale e linguistica. E’ l’Arberia di Calabria, un’enclave di cultura orientale in Occidente, un arcipelago ricco di usi, costumi, riti e atmosfere. Un’appassionante storia di resilienza, rigorosamente declinata al plurale.
Lungro a Cosenza, sede dell’Eparchia, è il cuore della religiosità arbëreshë e delle funzioni in rito greco-bizantino, piene di sacralità. E a proposito di riti, quello pagano del mate, affonda le radici nel flusso migratorio che ha portato anche molti arbëreshë di Lungro in Argentina, incoraggiando le occasioni di convivialità.
Così Lungro, ogni pomeriggio, si ferma per rinnovare l’usanza del tipico tè sudamericano, offerto da Anna Stratigò nella casa del Mate, anche, ai visitatori in segno di pace.
A Civita (CS) il paese delle case antropomorfe e dell’antico ponte sospeso nel vuoto, avvolto da uno scenario modellato dalla natura nel corso dei millenni, le Vallje di Pasqua incantano per i vistosi abiti in raso ed oro, ornati con preziosi ricami, indossati dalle donne, che insieme agli uomini, intonano canti epici e d’amore.
E la missione di Enzo Filardi alla kamastra – oltre a quella di compositore di musica arbëreshë – è la proposta gastronomica legata al territorio ed ai prodotti locali, per una riscoperta delle autentiche tradizioni culinarie Arbëreshë.
L’ospitalità di Antonella Vincenzi, invece, si snoda in una narrazione piacevole e affascinante. Fin qui l’ospitalità, i sapori semplici e robusti, i canti e le rapsodie che permettono ai visitatori di vivere esperienze uniche – ma per comprendere a fondo lo spirito di appartenenza arbereshe – vale la pena soffermarsi sugli abiti tra i simboli di un sentimento identitario, a Santa Sofia dove c’è persino chi realizza le statue del presepe con gli abiti tipici arbereshe.
A San Benedetto Ullano, le porte narrano di gesta e tesori bizantini, di contesse e fieri guerrieri albanesi.
Il museo diffuso de Le Porte Narranti di San Benedetto Ullano è l’esempio ben riuscito di un paesaggio urbano prestato all’arte e di un legame ormai indissolubile, ma in continua evoluzione.
E sempre a queste latitudini, prima dell’alba della Domenica delle Palme, si commemora la resurrezione di Lazzaro con le “Kalimere di Passione ” – canti popolari ben auguranti, rimasti quasi inalterati nel tempo.
Ma la settimana Santa rappresenta il periodo solenne dell’anno, anche, per San Demetrio Corone – sede del Collegio Italo-Albanese di Sant’Adriano, un importante organismo religioso e culturale per la conservazione del rito orientale, delle tradizioni e del patrimonio identitario arbëreshe – dove S. Nilo da Rossano fonda il suo ascetario, divenuto poi cenobio, accanto ad un piccolo oratorio (già esistente) dedicato ai Santi asiatici Adriano e Natalia: un autentico capolavoro di virtuosismi spirituali.
Le icone sono molto di più che un semplice dipinto: sono opere artistiche dal forte carattere religioso, apprezzati in tutto il mondo. A Frascineto è possibile meravigliarsi alla vista del ricco patrimonio iconografico, teologico e liturgico.
Capitolo a parte è il matrimonio arbëreshë per la comunità di Acquaformosa. Dalla vestizione, allo scambio degli anelli di fidanzamento, all’incoronazione degli sposi, fino alla “rottura” del bicchiere e alla processione in chiesa: le cerimonie liturgiche (orientali) e quelle popolari (identitarie) sono decisamente suggestive.
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