La Settimana Santa nelle tradizioni calabresi

Considero la Settimana Santa per come viene percepita nei paesi della Locride un importante patrimonio antropologico da non disperdere al vento o lasciare agli umori cangianti di chicchessia.
Non semplice tradizione e neppure solo folklore.
Mi colpiva molto un’invocazione corale che si canta per le vie del centro storico di Caulonia ogni venerdì di Quaresima anche se oggi non ha la stessa potenza d’un tempo. Un canto capace di riportare l’orologio della storia al tempo delle crociate quando si invocava “la pace e la concordia tra i principi cristiani” ricordando- ai fratelli e alle sorelle- “che abbiamo da morire e nui non sapimu l’ura quanduuu…. se oggi siamo in figura, domani saremo in sepolturaaa”/”Beato chi per l’anima sua procuraaa”.
Un canto cupo e contemporaneamente una “poesia” toccante. Una preghiera laica seppure con contenuti religiosi che affonda le radici nella storia e indica ai “cristiani” una “filosofia” della vita e della morte. Ma ogni tassello della Settimana Santa aveva il suo posto perché le palme ondeggianti in un paese in festa cedevano il posto al tradimento e alla cattura di Cristo da parte della legge. Quindi alla tortura di Gesù legato alla “colonna” . Infine trasformato in”Ecce Homo” pronto alla crocefissione e alla morte.
Il canto del Miserere, l’Ave Maria, i Salmi.
Le preghiere bisbigliate nelle Chiese e nelle case.
Il passo dei “fratelli” incappucciati.
Il silenzio durante la visita ai sepolcri quando era bandito perfino il saluto e le luci del paese erano spente.
Il popolo implorante e il precipizio collettivo nelle “tenebre” . Le corone di spine, il bacio del Cristo .
Il battersi il petto, la confessione collettiva, la trasposizione della propria sofferenza nelle Statue di Gesù e Maria.
Il dubbio e la gioia della Resurrezione collettiva del Paese dopo il lavacro nel dolore.
In ultimo una catarsi collettiva che apriva le porte alla speranza e alla Resurrezione.
Ho già detto da laico incallito che la Settimana Santa essendo un grande patrimonio antropologico della religiosità popolare appartiene innanzitutto alle comunità e non solo a quelle locali.
Direi che si tratta di un patrimonio unico ed intangible dell’umanità.
Poi alle confraternite che sono associazioni laiche… qualche volta, in passato, anche conflittuali con il tentativo clericale di controllare tutto. Infine delle Istituzioni che dovrebbero avere cura e tutelare di tali giacimenti di cultura popolare come e più degli altri beni dei nostri paesi.
Certo l’emigrazione di massa, la rimozione della morte, la crisi religiosa hanno messo in crisi le nostre tradizioni e si rischia che tale immenso patrimonio venga disperso. Se ciò avvenisse tra la generale indifferenza sarebbe un vero, grande peccato sulla coscienza di noi tutti.