Il rito ancestrale del falò di San Sebastiano si rinnova ad Anoia
di Roberto De Santo
Un rito dal sapore ancestrale che coniuga la sacralità al senso della collettività. Qualcosa che riporta indietro le lancette ad un tempo antichissimo quando ad essere celebrati erano altre divinità altri simulacri. Quel che avviene da secoli tra il 19 e il 20 gennaio ad Anoia Superiore, frazione alta del piccolo centro della cinta della città metropolitana di Reggio, restituisce tutta la magia delle liturgie più antiche che si celebrano in Calabria. Non è solo la festa dedicata ad un santo, San Sebastiano, che si celebra ma il ritrovarsi di una comunità attorno ad un rito che si perpetua da generazioni in generazioni: l’accensione di un enorme falò con una catasta di quercia antica.
Una manifestazione – anche quest’anno in quella data – che richiama culti pagani, il retaggio di una koinè millenaria che unisce popoli apparentemente distanti per tempo e confini diversi ma simili per gestualità e riti propiziatori. Una matrice univoca del senso di appartenenza ad un’unica specie. Quell’umanità che si ritrova attorno ad un fuoco.
Una ritualità che si è rinnovata sovrapponendosi alle religioni che nel corso del tempo hanno lasciato un segno in questo territorio della Piana di Gioia Tauro. Anoia deve i suoi natali forse agli antichi greci che cominciarono a colonizzare queste terre, anche se le sue origini sono incerte. Già da quegli albori il fuoco simboleggiava uno strumento di purificazione, bruciare per distruggere il vecchio e sperare nel nuovo, un rito propiziatore. Ma anche un momento di condivisione perché invito al raccoglimento attorno al calore delle fiamme.
Condivisione che si vive ancora tra i boschi prima e poi lungo il dedalo di vie che caratterizza Anoia Superiore. Scenari del taglio della grande quercia e della raccolta di legna ed arbusti che poi costituiranno la catasta per il falò in onore di San Sebastiano, davanti la chiesa a lui dedicata.
Un rituale lungo e faticoso che prevede laboriosi preparativi ed il trasporto di pesanti tronchi per chilometri fino al sacrato dell’antica chiesetta intitolata al Santo. Lì nella serata del 19 come sempre si rinnoverà quel rito. Quel falò resterà acceso per due giorni ed attorno ad esso si svolgeranno iniziative e degustazioni dei piatti della cucina locale. Comunità, convivialità, condivisione.
La processione
In attesa che le celebrazioni del Santo avvengano poi – come da calendario religioso – il giorno dopo, sabato 20. È in questa giornata che si compie l’altro momento collettivo: la processione di San Sebastiano. La popolazione tutta si raccoglie dietro la statua lignea ottocentesca di San Sebastiano che viene portata in spalla per le vie della cittadina. Punto di partenza e di arrivo la struttura religiosa già esistente nel XVI sec. fu danneggiata dal terremoto del 1783 risistemata e riaperta al culto nel 1835.
Il canto antico per il soldato romano martire
Ad accompagnare la processione un canto popolare e antico che recita: «A Lu vinti di Ienaru San Vestianu trapassava cu na parma e na curuna in paradisu si la levau…E su una e 20 voti e sempi adoramu a San Vestianu l’adoramu in tutti i modi san Vestianu Lu protettor… A Lu vinti di Ienaru San Vestianu trapassava cu na parma e na curuna in paradisu si la levau… E su 2 e 20 voti e sempi adoramu a San Vestianu l adoramu in tutti i modi san Vestianu Lu protettor… A Lu vinti di Ienaru San Vestianu trapassava cu na parma e na curuna in paradisu si la levau… E su 3 e 20 voti e sempi adoramu a San Vestianu l adoramu in tutti i modi san Vestianu Lu protettor…».
Devozione per un Santo di origine francese, la cui storia risale al tempo dei romani. Militare dell’Impero si convertì al Cristianesimo e per questo pagò con supplizio quella scelta.
Storia, religione, misticismo e comunità che si condensano nel fine settimana di Anoia rinnovandone la tradizione.
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