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I “Vattienti” di Nocera: storia, identità e fede di «uomini che praticano la penitenza»

I “Vattienti” di Nocera: storia, identità e fede di «uomini che praticano la penitenza»

di Giorgio Curcio

Molto più di una tradizione, molto più di un “rito pasquale” che si celebra ogni anno fra le vie del borgo della provincia catanzarese. Quello dei Vattienti è, nei fatti, uno dei tratti salienti dell’identità antropologica di un’intera comunità. Il noto Storico, Antonio Macchione lo descrive bene al Corriere della Calabria: «Per dare una definizione ottimale del rito dei Vattienti, uso le parole dello storico nocerese, Ernesto Pontieri: si tratta di uomini che adempiono il voto o praticano la disciplina, la penitenza». 

Secondo Macchione «sono molteplici le motivazioni per cui il nocerese si accosta al rito. L’uomo che si denuda le gambe e si batte, si percuote e si flagella a sangue, offrendo il suo stesso sangue alla Vergine Addolorata, lo fa ripercorrendo idealmente la Via Crucis».

A proposito del rito, poi, lo storico Macchione racconta che «ci sono tante interpretazioni, così come molteplici sono anche le tesi sulla sua introduzione. Abbiamo ereditato questa tradizione “votiva del sangue” e cerchiamo di tramandarla alle generazioni future perché si tratta di una traccia identitaria molto forte. Ha segnato la nostra crescita, il nostro dna culturale». Ci sono i percorsi, le motivazioni, le tecniche e i metodi di flagellazione, tutti elementi che variano da persona a persona, in base al vissuto, al passato e secondo motivazioni antropologiche molto profonde e che rendono unico e diverso, allo stesso tempo, il rito dei Vattienti. «Si tratta di una morte controllata: quando si effonde il sangue lo si fa per morire ma, allo stesso tempo, per risorgere». 

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