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Food experience: viaggio nei borghi e nella tradizione arbëreshë

Food experience: viaggio nei borghi e nella tradizione arbëreshë

Stradine strette e acciottolate, palazzi antichi, chiese a colori, panorami su monti e vallate: i paesi albanesi in Calabria hanno la stessa anima ma volti diversi, perché ciascuno ha una storia e una quotidianità ma tutti condividono un senso di appartenenza ad origini e tradizioni che difficilmente si avverte all’interno di altre comunità. Soprattutto, si avverte la meraviglia della contaminazione, specchio di come culture diverse possano convivere e arricchirsi a vicenda. Sapevi che gli arbëreshë della Calabria rappresentano la popolazione più numerosa tra quelle stanziate in Italia? Sono 32 i centri sparsi da nord a sud della regione: ventisette in provincia di Cosenza, tre in provincia di Crotone, due in provincia di Catanzaro.

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Sono borghi da “slow tourism” perché tutto scorre più lentamente qui: le botteghe e le drogherie chiudono presto la sera, dopo una certa ora (soprattutto quando si avvicina la cena) è difficile trovare qualcuno che passeggia per strada, l’aria è tersa e le luci artificiali sono sempre discrete per lasciare spazio alle stelle; ogni scorcio, ogni gradinata in pietra è un angolo da fotografare e ricordare. E poi i gatti. In questi borghi i gatti sono ovunque e si acciambellano sulle ringhiere o sui sacchi lascati per strada, sulle panchine o nelle fioriere: sono loro i guardiani del posto.

Una passeggiata per i vicoli di San Benedetto Ullano (CS) alla ricerca delle porte narranti o di Civita (CS) per sorridere davanti alle case kodra e ai comignoli, tanto per dirne qualcuna, è un’esperienza che vale il biglietto del viaggio. Perché i paesini albanesi ti portano in un mondo fatto di storie bellissime e sapori incredibili. La tavola, infatti, è il racconto di una cucina contadina: è un vero dono della terra. E allora: «Ësht gati mbë trias. Sot hami Arbëresh». Lo diciamo in albanese perché la lingua d’appartenenza – come le danze, gli abiti, i riti religiosi – è un tesoro da tramandare. Tutti i ristoranti hanno il menù scritto in albanese e in italiano, così come tutte le indicazioni stradali, ad esempio, riportano la doppia dicitura. Perciò, traducendo: «È pronto in tavola. Oggi mangiamo albanese».

Profumi del Pollino

Il menù tipico apre le danze con un tagliere di prosciutto di montagna e formaggi locali, olive – anticamente nelle cantine di accompagnavano al pane – e fave rugate, chiamate così perché, una volta messe a bagno diventano martellate.

Cavateli alla nenesa ph. @ristorante kamastra - Meraviglie di Calabria - 8

Se senti un profumo intenso vuol dire che sta arrivando un primo fumante: sono i cavatelli alla “nenesa”, ovvero una pasta fresca fatta rigorosamente a mano e condita con ricotta fresca e nenesa, appunto, un’erbetta spontanea che cresce lungo le pendici del Pollino (in italiano corrisponde all’amaranto) e appartiene alla famiglia delle ortiche. Il boccone è un perfetto equilibrio tra tendenze dolci, delicatezza e intensità.
È il momento del secondo e, se non hai mai provato il capretto al tegame alla civitese, c’è qualcosa che manca nel tuo bagaglio gastronomico-culturale. Tenero, succulento, saporito: la carne è cotta a bassa temperatura con acqua e olio in un tegame di rame e condito, all’uscita, con origano. Il piatto che viaggia dalla cucina alla tavola, insomma, lascia una scia così intensa da regalare un’esperienza sensoriale al vapore che ti viene voglia di seguirla come un cane da tartufi.

Piretto, profumo della terra

Quando pensi di essere pieno e felice, è arrivato il momento del dessert: il “krustul arbëreshë (foto in basso) è tipico della tradizione natalizia ma così irrinunciabile da finire sui menù quattro stagioni.

Krustul - Meraviglie di Calabria - 10

Ricorda vagamente il “turdillo” nei profumi ma la consistenza è completamente diversa, soffice quasi quanto una ciambellina fritta. Il krustul è un impasto di farina, uova e zucchero aromatizzato alla cannella servito all’uscita con mosto cotto e marmellata di piretto. Eccolo il grande protagonista della tavola: sua maestà il piretto, un cugino del cedro e del limone, coltivato da secoli sulla Piana di Sibari.
A Civita (CS) c’è proprio un museo dedicato all’agrume che, da queste parti, finisce grattugiato sui piatti o nelle ciotoline come marmellata di accompagnamento ai formaggi o, ancora, nei bicchierini a fine pasto come liquore. Se questa parte di Calabria avesse un profumo, certamente sarebbe il piretto, fresco e quasi balsamico, pungente e avvolgente, da spremere fino all’ultima goccia. Perché, a volte, è nella ricerca dell’essenza che si trova l’essenziale: il gusto di una vita semplice, quella dei borghi, fatta sì di salite dalle nostre parti ma, una volta in cima, sai che panorama? (Rachele Grandinetti)

info@meravigliedicalabria.it

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