Fatti ad Arte, il valore della calabresità

Word la sottolinea in rosso, come se fosse un errore. In realtà è una parola giustissima: calabresità. La prendo come una nota di colore, uno dei tanti che tratteggiano questa terra. Perché la Calabria è un caleidoscopio in cui giri la rotellina e listelli e perline arcobaleno si mescolano: non creano disegni precisi, resta tutto un po’ mischiato, mischiato e colorato. E bellissimo. È così la calabresità: non puoi delimitarne un confine, puoi solo continuare a sbavarne i colori.
Lo scorso weekend, 26 e 27 maggio, Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia è stato il teatro dell’evento “La meraviglia di stare al mondo” promosso dal Gruppo Corriere della Calabria. La calabresità è salita sul palco da grande protagonista. Era lì, in mezzo alle poltroncine rosse su cui, uno dopo l’altro, si sono accomodati gli ospiti: esponenti del mondo della politica, dell’imprenditoria e della sanità per riflettere su gioie e dolori della nostra regione e per accendere un faro su sanità e prevenzione oncologica passando attraverso alimentazione e stili di vita.
Io l’ho vista ancor prima che il direttore Paola Militano prendesse la parola per aprire le danze della due giorni e dare il benvenuto. L’ho vista perché era in sala, nelle mani strette tra persone che hanno – ahiloro! – poche occasioni di incontrarsi per via degli impegni di lavoro e nel sorriso che spunta ad ogni “ciao”. La calabresità ti fa sorridere quando saluti qualcuno.




Estirpare il “Male” alla radice
Siamo (troppo) abituati ad una narrazione della nostra terra drammatica e negativa, perché per primi ci siamo fatti portatori di luoghi comuni. Così le pagine di cronaca si sono riempite di malavita, malasanità, malgoverno. Un nuovo racconto è possibile, ma serve un lavoro di “ribrandizzazione” del marchio Calabria e un cambio di prospettiva. E di parole. Iniziamo ed estirpare la radice, letteralmente, eliminiamo quel “mal” che accompagna fin troppi aspetti della nostra vita. Calabresità è una gomma gigante che può cancellare le cattive pratiche.




Potenzialità, generosità, resilienza
“Potenzialità”. È una parola che ricorre spesso quando si parla di Calabria. Un po’ come “è intelligente ma non s’impegna”. In realtà, forse, la responsabilità non è tutta sua, ma dell’intera classe (dirigente). E chi è intervenuto sul nostro palcoscenico lo ha ammesso: abbiamo avuto gravi mancanze. Al plurale. Dal presidente della Regione Roberto Occhiuto al presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso passando per le voci di consiglieri e assessori alla Regione il pensiero è unanime: occorre un cambio di rotta e di mentalità, occorre puntare sulle positività e credere nei mezzi che abbiamo a disposizione. Calabresità è avere coscienza di ciò che non va.
“Generosità” è seduta al banco accanto alle potenzialità. È, a furor di popolo, la prima della classe e ti aiuta durante un compito difficile. La rappresentanza medico-scientifica lo ha raccontato con un amaro sorriso: gli ospedali non sono in grado di gestire come si dovrebbe i malati oncologici. «Dovremmo poter prenderci cura dei pazienti, dalla sospetta diagnosi fino alla riabilitazione, per non parlare dell’aspetto psicologico. Invece ci troviamo a stringerci nelle spalle in strutture che non riescono a garantire strumenti e tempi adeguati alla malattia (una pet o una tac, ad esempio), che non hanno spazio e nemmeno personale a sufficienza», ha detto Antonio Caputo, Direttore del reparto Oncologia dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore (CS). Ed è qui che scende in campo la generosità di tutti quei medici ed infermieri che vanno oltre orari e mansioni, oltre il camice, cercando di sopperire da soli ai problemi strutturali. Calabresità è non risparmiarsi mai.
E poi “resilienza”. Siamo un popolo resiliente, a quanto pare. Ma il compiacimento inter nos è solo uno zuccherino a fine corsa. Diciamolo che siamo resilienti, però una volta che abbiamo avuto la capacità di rimetterci in piedi, aiutateci a pensare positivo: insomma, almeno dateci un puff, così atterriamo sul morbido. Anche perché «mettere insieme le positività – ha detto Amalia Bruni, consigliere regionale – aumenta la resilienza. Usiamola per sistemare la sanità». Calabresità è rimettere insieme i tasselli, pure se avevi appena finito un puzzle da milleduecento pezzi.




Una terra, un’opera d’arte
Fuori Palazzo Gagliardi, la pioggia battente; dentro, la luce e la meraviglia delle opere create da Gianni Cortese: un allestimento con le nostre eccellenze enogastronomiche e artigianali come fossero quadri e sculture. La luce si è accesa pure a fine dibattito quando la porta si è spalancata sul banchetto perché, oltre al puro edonismo, il cibo ha sempre questo incredibile potere: unire nella condivisione. Calabresità è orgoglio dei nostri artigiani e dei frutti della terra. Calabresità è guardarci con un calice in mano e brindare a quella salute a cui tutti abbiamo diritto, senza rovescio della medaglia per i “poveri”.
E dico a te Word, che della parola porti il nome: è inutile che continui a sottolinearmela in rosso. Calabresità non è mai un errore: è un valore.




di Rachele Grandinetti
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