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Alla scoperta di San Giovanni in Fiore: Abbazia Florense, pitta ‘mpigliata e bellezze silane

Alla scoperta di San Giovanni in Fiore: Abbazia Florense, pitta ‘mpigliata e bellezze silane

Siamo in provincia di Cosenza, nel centro montano più grande della Calabria, il secondo borgo più alto della regione e il secondo comune calabrese per estensione territoriale: è San Giovanni in Fiore, dove la storia è scolpita nella pietra e la gastronomia racconta, ogni giorno, un po’ di Calabria in giro per il mondo. Ad un’altitudine di 1.049 metri sul livello del mare, il comune si estende su un territorio di 282,53 km² e comprende anche il monte Botte Donato (1.928 m), la cima più alta della Sila.

San Giovanni rinchiude in sè, come uno scrigno, tutte le meraviglie della Sila: panorami su boschi rigogliosi, laghi cristallini e cime svettanti. Gli amanti dell’aria aperta, insomma, si troveranno in paradiso, con opportunità per escursioni e gite in bicicletta. Sentieri ben tracciati si snodano tra i boschi, invitando a immergersi nella quiete della natura e a scoprire la flora e la fauna selvatica che popolano la Sila. Per gli escursionisti più esperti, i sentieri che conducono alle vette più alte (come il Monte Botte Donato) offrono una vista che ripaga ampiamente la fatica.

Le origini del paese sono strettamente legate alla figura di Gioacchino da Fiore, un abate calabrese vissuto nel XII secolo. Nel 1189, Gioacchino fondò l’Abbazia Florense, un monastero cistercense destinato a diventare uno dei più importanti centri spirituali e culturali d’Italia. La scelta del sito per l’abbazia non fu casuale: Gioacchino da Fiore era convinto che quel luogo fosse destinato a svolgere un ruolo centrale nella storia della salvezza. Secondo la sua profezia, infatti, proprio qui sarebbe sorto il “Terzo Testamento”, una nuova era di pace e giustizia che avrebbe rinnovato l’umanità.

Attorno all’abbazia si sviluppò rapidamente un borgo, che nel 1530 ottenne il titolo di città da Carlo V d’Asburgo. La città prosperò grazie all’afflusso di pellegrini e all’attività dei monaci che bonificarono i terreni circostanti e svilupparono l’agricoltura e l’artigianato.Nel corso dei secoli, San Giovanni in Fiore ha subito diverse dominazioni, dagli Angioini agli Aragonesi, dai Borboni ai Savoia. Tuttavia, la città ha sempre conservato la sua identità religiosa e culturale, legata all’Abbazia Florense e alla figura di Gioacchino da Fiore.

Oggi, è un importante centro turistico, punto di partenza ideale per esplorare la Sila, un Parco Nazionale di grande fascino naturalistico, un borgo che vive quattro stagioni ma d’estate si ripopola di quel turismo di ritorno che riporta a casa tanti emigrati che, almeno nella calda stagione, non possono fare a meno di rinfrancarsi corpo e spirito grazie all’aria pulita della Sila. Si rinfrancano anche lo stomaco, dal momento che la gastronomia del luogo è un ricco paniere di meraviglie che raccontano i sapori più autentici della Sila, dal caciocavallo ai funghi porcini. Ma c’è un prodotto identiratio più di tutti, di quelli che dici San Giovanni in Fiore e non puoi non rispondere con “pitta ‘mpigliata“, nato come dolce natalizio, nel tempo si è destagionalizzato e adesso si può trovare sulle nostre tavole 12 mesi all’anno.

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Diverse leggende e tradizioni popolari si intrecciano attorno a questo dolce tipico natalizio calabrese, rendendo difficile stabilire con precisione la sua data di nascita. Una di queste racconta di un periodo di carestia che colpì San Giovanni in Fiore, quando i cittadini, affamati e disperati, si rivolsero a San Giovanni Battista, patrono della città, implorando il suo aiuto. Il santo, commosso dalla loro devozione, inviò loro un angelo con un cesto pieno di fichi secchi, mandorle e noci. Le donne del paese, utilizzando questi ingredienti, crearono un dolce come segno di gratitudine al santo, dando vita alla Pitta ‘mpigliata. La Pitta ‘mpigliata si distingue per la sua forma elaborata, che ricorda un nido d’ape o una ragnatela. Si ottiene intrecciando sottili strisce di pasta frolla in un motivo complesso, creando una struttura ariosa e croccante. Il ripieno è un trionfo di sapori calabresi: fichi secchi, mandorle tostate, noci, cioccolato fondente, cannella, chiodi di garofano, scorza d’arancia e liquore all’anice, un mix speziato crea un gusto intenso e avvolgente. La preparazione è un processo laborioso e richiede maestria e pazienza perché la pasta frolla viene stesa a mano in sfoglie sottili, poi tagliate a strisce e intrecciate con cura. Il ripieno, poi, viene distribuito all’interno dell’intreccio di pasta. La Pitta ‘mpigliata viene quindi cotta in forno fino a doratura, assumendo la sua caratteristica croccantezza. Ora, prendi una pitta ‘mpigliata, una coperta e sdraiati sotto un pino: oltre alla ricetta del dolce, ti abbiamo dato anche quella della felicità!
(Foto copertina @karlmonroe – foto pitta ‘mpigliata @mammachechef)

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