Cosa mangeremo nel 2024? Il peperoncino protagonista dei nuovi trend
Cibo: quattro lettere, infinite possibilità perché davanti a pari opportunità non tutti compiamo le stesse scelte. In parole povere: abbiamo una bocca, uno stomaco e cinque sensi ma non per questo ci nutriamo delle medesime cose o proviamo la stessa intensità di piacere.
Succede perché il rapporto col cibo è un fatto molto intimo, nonostante sia un rituale che trova pienezza nella condivisione e in mezzo alla gente. Perché è una questione di palato ma è soprattutto una faccenda mentale e culturale. E pure di cuore.
Food lover, food blogger, food addict, infatti, condividono la passione per il cibo e hanno con la tavola un rapporto speciale: c’è chi la onora per puro edonismo, chi si approccia ai piatti con senso critico e voglia di farne un racconto, chi la studia con piglio antropologico. È proprio in mezzo a loro (in mezzo a noi) che si mastica con gusto la gioia di parlare di cibo mentre si mangia e di continuare a farlo anche a pancia piena. Non è un’ossessione: è amore. Così, mentre l’Epifania si porta via feste e abbuffate, invece di concentrarsi su un regime detox post riunioni di famiglia, in tanti s’interrogano: cosa mangeremo quest’anno?
Le 9 tendenze food del New York Times
Non si tratta di mettere nero su bianco la lista della spesa per i prossimi dodici mesi ma di comprendere che vento soffia sulle tavole 2024. Perché il cibo, in fondo, è lo specchio dei cambiamenti socio-culturali che a volte spalancano le porte all’esotico e all’inaspettato, altre volte fanno ritorno a casa puntando su terra e tradizioni. È la domanda a cui ha cercato di rispondere il New York Times inquadrando gli argomenti più discussi in ambito food nel corso del 2023, verso quali innovazioni la Generazione Z (i nati tra il 1996 e il 2010) si è dimostrata più propensa, quali sono le mode che si fanno spazio nelle diverse parti del mondo. Dall’analisi sono venuti fuori 9 trend che, molto probabilmente, vedremo materializzarsi pure sulle nostre tavole. Cosa c’entra la Calabria?
Oro rosso calabrese
Il peperoncino è grande protagonista della top-nine e, si sa, dove c’è piccante, c’è casa (non era così?). La gastronomia locale è famosa anche sotto questo aspetto: dici Calabria nel mondo e ti rispondono a suon di ‘nduja, cipolla di Tropea e peperoncino piccante perché, al di là dei luoghi comuni in cui spesso ci intrappolano e che ci vedono come mangiatori seriali di maiale, ripieno di piccante e avvolto nel maiale, è un dato di fatto che la nostra sia una tradizione profondamente legata a questi prodotti. La tavola è un’eredità storica e quella calabrese racconta una dieta nata dalle necessità dei contadini: non è un caso che abbia le basi di una cucina povera e di terra.
Il peperoncino, in primis, era la spezia dei poveri perché usata da quanti non potevano permettersi pepe, cannella o noce moscata. Nel tempo, la “magra consolazione” è diventata una marcia in più facendosi protagonista nel processo, anzi, nell’arte della trasformazione: così, il peperoncino è stato promosso a oro rosso per la lavorazione di salsicce e soppressate, per la ‘nduja e per la sardella fino ad imboccare le strade gourmet dove adesso convive con gelati e liquori, grappe e confetture. Insomma, piccolo e potente, ha una storia materiale e simbolica che ha a che fare con le tentazioni, la seduzione e gli stravizi per le sue (vere o presunte) proprietà afrodisiache che, per estensione, hanno contribuito al racconto (a volte dello stereotipo) del popolo calabrese come passionale e travolgente.
Oggi, secondo il NY Times, è tempo di prepararsi a nuove varietà di peperoncino, come lo Scorpion ungherese venduto in salamoia, e a nuovi preparati come il Tajin, mix di peperoncino, lime e sale marino, molto famoso in Messico. Eppure, il classico non tramonta mai e siamo abbastanza certi che un buon “diavulicchiu” rosso resterà un sempreverde.
Intelligenza Artificiale a tavola
Quali sono, allora, le altre tendenze food che potrebbero sorprenderci nel ventiventiquattro? La moda degli snack perché, a quanto pare, fare un vero e proprio pasto sta diventando sempre più difficile; i sistemi di produzione che riducono al minimo l’uso dell’acqua perché si risparmi come bene prezioso; un grande ritorno al grano saraceno come fonte di proteine e fibre; le cene da bere, ovvero drink ispirati a veri e propri piatti; la fermentazione naturale e l’estrazione degli oli a freddo al posto di conservanti o agenti chimici nella produzione industriale; le violette e i fiori di ciliegio must have tra i fiori edibili nei nostri piatti; la zuppa, dalle cene fatte in casa ai fine dining.
Dulcis in fundo, non poteva mancare un occhiolino all’intelligenza artificiale: nel prossimo futuro saranno davvero dei robot a prendere la comanda e servirci a tavola? Chissà di che metalli saranno fatti. Una cosa è già certa: saranno mangiatori di peperoncini perché si sa che sono piccoli, rossi e… antiossidanti!
Rachele Grandinetti
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