A Pizzo, una cripta segreta rivela antichi riti

di Roberto De Santo
C’è un luogo segreto. Un angolo recondito che racconta una storia antica. Fatta di religiosità, condivisione e morte. Quel pezzo di memoria di antichi rituali congelato in un anfratto nascosto e per questo preservato dal tempo.
A Pizzo, nel Vibonese, in pieno centro storico sorge un antico complesso religioso che nelle sue viscere nasconde quel segreto rimasto lì sepolto per secoli. Un segreto custodito nell’edificio composto da due chiese adiacenti, comunicanti e che condividono il tetto e la facciata: la Chiesa del Purgatorio (1651) e la Chiesa (o Oratorio) della Madonna delle Grazie. Si tratta di una cripta scoperta per caso solo nel 1973.


Nel corso di alcuni lavori di rifacimento della pavimentazione della Chiesa del Purgatorio è emerso questo misterioso passaggio che conduce in un vano sottostante la sacrestia.
È un luogo mistico che rivela quell’antico modo di occuparsi dei morti: il putridarium. Uno dei pochi esempi giunto intatto fino ai giorni nostri del sistema che prevedeva di collocare i cadaveri dei frati o delle monache all’interno di nicchie lungo le pareti e seduti su sedili colatoio in muratura. Lì venivano raccolti i liquidi dei cadaveri e i resti in via di decomposizione per lasciare poi intatte le ossa dei defunti.
Nella lettura di questa pratica, si riteneva che questa simboleggiasse il passaggio di purificazione del defunto nel suo viaggio verso quell’aldilà di glorificazione. Le carni infatti rappresentavano l’elemento contaminante che avvolgevano le ossa: simbolo invece di purezza.
All’interno del putridarium, noto anche con il nome di “colatoio dei morti”, avveniva quel passaggio fisico. Un rituale diffuso soprattutto nel Meridione di cui la chiesa di Pizzo ne rappresenta un esempio.

Agli occhi di coloro che scoprirono quel passaggio apparvero, all’interno di una stanza a forma di torre cilindrica, tutti gli scheletri dei frati Pasqualini – risalenti al XVII secolo – con i loro abiti talari.
Erano seduti su scranni di pietra, scavati nella roccia, al cui centro era collocato un foro: lo scolatoio. Gli scheletri sono stati rinvenuti attaccati a dei ganci dove i corpi in decomposizione rimanevano poi liberi dalle carni. In una sorta di riunione di quegli antichi frati che sarebbe durata tutta l’eternità.
Una condivisione di quel passaggio verso l’aldilà. Uno spaccato di quel mondo che è possibile ammirare – in silenziosa contemplazione – nelle viscere della chiesa nel cuore di Pizzo.

Una struttura religiosa unica per questo e meglio conosciuta come “Chiesa dei Morti” per via della presenza di quegli scheletri e della circostanza che fino al 1804 venivano tumulati i corpi. Una pratica quella della tumulazione nelle chiese che fu vietata dall’editto emanato da Napoleone a Saint-Cloud il 12 giugno 1804 che impose che i cimiteri venissero posti al di fuori delle mura cittadine. In quel complesso vengono inoltre custoditi affreschi ed opere di pregevole fattura che meritano una menzione a parte. (foto: Natale Giampà)
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