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I tramonti di Ulisse, la magia del bacio del sole sullo Stromboli

I tramonti di Ulisse, la magia del bacio del sole sullo Stromboli

Bisognerebbe affrettarsi a correre, in quest’ultimo periodo di settembre, su una qualsiasi terrazza naturale della costa calabrese, purché affacci sul Tirreno, nel tratto – in particolare – cha va da Pizzo Calabro a Nicotera, in uno qualunque dei centri costieri di Briatico e Zambrone, o di Tropea, Santa Domenica e Capo Vaticano, fino a Santa Maria di Ricadi, Caroniti e Joppolo. Bisognerebbe, sì, fare presto, perché in Calabria i “tramonti di Ulisse” danno spettacolo solo due volte l’anno: tra la fine di marzo e aprile, e da fine agosto a metà settembre. Poco più, poco meno. Uno spettacolo da non perdere, come nei migliori cinema, perché è il momento in cui il sole trova la quadra in una certa inclinazione e, visto da qui, non si tuffa in mare, ma nella bocca del leggendario Stromboli. I fortunati, che abitando sulla costa possono sospirare davanti a questa vista, assistono per giorni ad una vera e propria danza cosmica con il sole che, poco prima di tramontare, oscilla creando un allineamento ogni giorno leggermente diverso, a seconda del punto di osservazione scelto. E poi, i colori da film firmato da un grande direttore della fotografia: il giallo e l’oro, l’arancio, il rosso e il porpora, persino il viola, alcuni neanche definibili che non sembrano di questo mondo. È così che, tra cielo e mare, si sospende il tempo, come nell’ora muta delle fate. È così che vorremmo restasse.  Sembra strano, ma è proprio in quei momenti che la percezione dei profumi della macchia mediterranea spingono di più: l’odore resinoso del rosmarino selvatico, il profumo dolce della ginestra,  degli oleandri e del mirto che costeggiano i sentieri delle terrazze naturali.

Fu forse proprio per questo che Ulisse se ne innamorò follemente? C’è una leggenda, narrata nel XII libro dell’Odissea, che racconta del transito di Ulisse nello Stretto di Messina.  Tra un essere a sei teste che era Scilla, e il mostro Cariddi che tre volte al giorno creava in mare vortici mortali, Ulisse riuscì a scampare ai pericoli – come sempre del resto – e proseguì verso Capo Vaticano non solo per mettersi in salvo, ma anche per cercare Manto, la profetessa figlia dell’indovino Tiresia, per ricevere indicazioni sul prosieguo del viaggio. Fu però proprio la vista del sole di fronte a sé, quella che scompariva nel cratere dello Stromboli a colpire Ulisse: testardo e curioso com’era verso ciò che è l’ignoto, si convinse a cambiare rotta e dirigersi verso le isole Eolie, dove Eolo, il dio dei venti, gli donò l’otre che li racchiudeva tutti.

Come nel film Sliding doors, proviamo a immaginare quale destino avrebbe atteso Ulisse se non fosse prima approdato sulla spiaggia di Capo Vaticano. “Vaticinium”, e quindi profezia, è il termine da cui deriverebbe il nome dello splendido promontorio. Bisognerebbe approfittarne allora, affidare speranze e desideri di fronte allo spettacolo che si compie in mezzo al mare. E qualcosa, magari, si avvera.

Tramonto da favola tanto da poter chiedere di essere annoverato nel patrimonio dell’Unesco? Per quanto possa sembrare singolare, l’idea di provare ad avviare l’iter era effettivamente nata da alcuni cittadini del Vibonese. In realtà i requisiti previsti dalla Convenzione sul patrimonio dell’Umanità ci sarebbero pure. Certo è che il mito dei tramonti di Ulisse si è autoalimentato efficacemente negli anni,  così come l’attrattività di quei luoghi da cartolina delle coste calabresi. La Costa degli Dei gode già di una speciale protezione. L’appellativo divino viene infatti proprio dalla sua bellezza, ma che è unicamente terrena, naturale, appunto. Ma tanto magnifica da sembrare attribuibile soltanto agli dei. Un patrimonio che non ha davvero bisogno di altro, se non della cura degli uomini.

Di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)

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